martedì 28 novembre 2017
Punto e a capo.
Disclaimer: nel post seguente utilizzerò il blog per riflessioni personali, che probabilmente a eventuali lettori risulteranno prive di interesse. Nonostante sia il diario introspettivo una delle ragioni di esistere dello strumento blog, non è un approccio che abbiamo qui mai adottato, nè io nè Giusi. Questa eccezione è motivata dalla voglia di fermare nel tempo, più per me stesso che per gli altri, questo preciso momento. Sotto questo punto di vista l'annuncio in rete, teoricamente visibile da chiunque, nello spazio e nel tempo, incluso il futuro me, è il mezzo perfetto. Quella che segue è una piccola introspezione, onesta, sincera, senza veli né imbarazzi. Facile che risulti noiosa o insulsa.
Estate 2017. Proprio quando le cose della vita sembravano avviate verso un felice e per nulla monotono ripetersi, pieno di quotidianità, di lavoro, e di periodici e programmati stimoli in ambito intellettuale e sociale, proprio quando tutto cominciava ad avere un senso, di colpo la botta, lo scossone, il deragliamento. Tutto insieme, a inizio estate 2017.
Quando da ragazzino mi divertivo a coniare "aforismi", saltai fuori in un'occasione con: "Per lunghi momenti non succede nulla, e poi tutto succede nello stesso momento". A parte la grammatica un pochino sacrificata alla musicalità della frase, è azzeccato, ora più che mai.
A inizio estate 2017 è cominciato a piovermi addosso di tutto, da qualunque parte. Quasi tutto quello su cui mi appoggiavo ha iniziato a tremare, a spostarsi, a rivelarmi una parte fino ad allora nascosta che presupponeva un cambio di relazioni, un reset e restart. Un punto e a capo.
Non è mia intenzione riportare la cronaca dettagliata di tutti gli avvenimenti, la mia catarsi l'ho già compiuta (beh, la sto compiendo) e abuserei (qui sì) dello strumento e della pazienza del lettore (incluso il futuro me stesso).
Fatto sta che sono ripartito (beh, sto ripartendo). Non è semplice, per nulla, sono sempre stato abituato a decidere tra opzioni ragionevolmente sensate, tant'é che nelle poche occasioni in cui la decisione era imposta e contrastante i miei desideri ho seriamente sbroccato. Ma eccomi qua. A formare una nuova persona, totalmente diversa. Cercando di incanalarvi dentro, nella sua costituzione, qualcosa di quello che credo di poter fare, che mi diverte fare.
Il mio quasi-nuovo quasi-me ha un altro lavoro, che assomiglia a quello di prima, ma che non lo è nei suoi aspetti fondamentali. A inizio estate 2017 le saracinesche del posto di lavoro si sono abbassate di colpo, senza preavviso, lasciandomi chiuso fuori, con l'unica opzione di emigrare ancora, cambiando la vita mia e dei miei familiari che proprio ora si era assestata, o rimanere potenzialmente disoccupato, con oltre la bimba di tre anni, un nuovo bimbo, appena arrivato, piccolo piccolo.
Il bimbo, sì. A inizio estate 2017 è nato Luca. Fantastico. Con una grinta da boxeur e una gioia francescana innate. Quando ti nasce un figlio, il cervello ti si riorganizza, crea nuovi percorsi, e per un po' si destabilizza. Figuriamoci se hai appena perso il lavoro.
A inizio estate 2017 ho passato un mese con Annika, la primogenita, spesso da soli, noi due. Un mese faticosissimo, estremamente impegnativo, ma fantastico (specie se visto col senno di poi). La bimba è un fenomeno, un fiume in piena, esige stimoli continui e profondi, si abbevera senza limiti. Per uno come me, patologicamente curioso e interessato, è un invito a nozze. Giornate intere (letteralmente) e consecutive ad analizzare, capire, esaminare. Estenuante.
A inizio estate 2017, a circa sette anni dal suo inizio, si è conclusa la mia avventura nel mondo del teatro. Dopo uno spettacolo faticoso (e che ha messo alla prova la pazienza di chi mi stava intorno, dentro e fuori scena) ma estremamente appagante, mi sono ritrovato inaspettatamente fuori dai giochi. Ora, non posso dire che il teatro fosse la mia vita, purtroppo. Ma quel "purtroppo" dice tutto. Sin da bambino, timido e impacciato, ho sempre sognato di recitare, vivere altre vite, di imparare ad emozionare e facendolo emozionarmi. È una cosa che non si può improvvisare, e va fatta per bene. Cominciare a farlo mi procurava immensa gioia, e non nascondo che il teatro era ben di più che una maniera per staccare. Una bella botta. Figuriamoci se hai appena perso il lavoro e ti è appena nato un figlio.
Beh, il succo si è capito, come detto non riporterò tutto qui. A inizio estate 2017 è successo altro ancora, in genere delusioni, qualcuna, bruciante, riguardante amici, ma la situazione complessiva ce la si può immaginare.
Insomma, per uno cronicamente incapace di decidere e perennemente afflitto dal ripensamento e dal dubbio non è per nulla semplice. Soprattutto se hai 48 anni e da venti sei sotto cure mediche per depressione cronica.
È una variabile importante l'età. Sono sempre stato ossessionato dal trascorrere del tempo, e a quest'età l'ossessione non è nemmeno più un' ossessione, quanto un punto fermo con il quale fare i conti.
Che ho fatto allora? Beh, innanzitutto quello che mi riesce meglio, procurarmene altro, di tempo, E ce l'ho fatta, egregiamente direi. Sono riuscito a conquistarmi 8 mesi prima di decidere se impacchettare tutto, una volta ancora, ed emigrare. Tre sono però già passati senza che nulla sia stato ancora deciso, ma erano necessari per fermarmi, mettere i piedi a terra, fare il punto della situazione e organizzarmi praticamente nelle cose di vita quotidiana. E non è stato per niente semplice e riposante. Anzi.
Ora devo andare avanti, però, ora è il momento di cambiare marcia.
Ho un nuovo ufficio, che è il bar alla mattina e la biblioteca di quartiere il pomeriggio, dove lavoro su un piccolo portatile, viaggio una settimana al mese per l'europa, di giacca e cravatta vestito. Chi l'avrebbe mai detto?
Scrivo. Poco e con fatica, ma scrivo.
L'idea iniziale era di continuare da solo con il teatro, o perlomeno di trovarne un surrogato. I progetti, credo anche abbastanza interessanti, che avevo ideato sono per il momento chiusi nel cassetto. Come detto, è una cosa che va fatta bene, e per vari motivi non sono in grado di farlo, non da solo. Per il futuro vedremo, anche se la decisione è più o meno presa; per ora mi dedico alla scrittura, un mio altro grande amore trascurato e dalle caratteristiche per molti versi opposte.
Ho avuto l'opportunità di congedarmi dal teatro con un ultima piccola cosa, e questo è stato molto importante, anche se un po' triste. Perlomeno sapere che quella è, anche se forse non per sempre e solo in potenza, chissà, l'ultima volta in cui si abbassa il diaframma, si riempiono i polmoni e si entra in scena, ha tolto un bel po' dell'amarezza che avevo in corpo. È stato un congedo conscio, in maniera da eleborare il mio piccolo lutto.
Ora andiamo avanti.
Ho completato e sistemato due racconti, ne sto finendo un terzo, e buttato giù le trame di altri. Onde non invadere questo spazio, se ci riesco partirò con un'idea che ho in mente da tempo, un altro blog dedicato alle storie, vere, che reputo interessanti raccontare (il titolo mi è stato rubato da una serie TV, mannaggia, ne devo trovare un altro).
Insomma, i pezzi, lentamente e faticosamente stanno iniziando a sistemarsi. A fine estate il filo della spada di Damocle si è notevolmente irrobustito, gli esami hanno dato esito negativo, e dopo cinque anni sono da considerarsi clinicamente guarito. Questo ti aiuta a rimettere le cose nella giusta prospettiva. Voglio dire, se sei sopravvissuto al cancro, puoi sopravvivere anche ad altro no? E se si dovesse cambiare paese, si cambierà, amen. Se si dovesse fare tutt'altro lo si farà, bòna lè. Se si dovesse ricominciare daccapo, si ricomincerà.
Punto e a capo.
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